Progetti

 LA GUALCHIERA COMUNALE DI SANTU LUSSURGIU

mulino b

Progetto Genius Loci

Gualchiera comunale si S'au 'e su salighe
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Rifacimento del tetto

 

 I MULINI COMUNALI DI SANTU LUSSURGIU

mulino b

Progetto Genius Loci

Mulini comunali

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gualchieraPer quanto riguarda la collocazione storica dell'origine dei mulini e delle gualchiere a Santulussurgiu, non si hanno per ora attestazioni scritte in proposito. Forse l'impiego di queste macchine fu diffuso e traman­dato dai monaci Camaldolesi del monastero di Bonarcado, che certamente sfruttarono anche i corsi d'ac­qua del territorio nel quale sarebbe poi sorta la comunità di Santulussurgiu.(1)
La presenza e la vicinanza alla risorsa idrica, la possibilità di sfruttare il regime idrico hanno costituito elementi determinanti per lo sviluppo dell'attività molitoria e l'orga­nizzazione produttiva e sociale della comunità.

Lo stesso Angius fa notare come "le innumerevoli sorgen­ti del lussurgese (...) danno moto a macine e gualchiere(2) che caratterizzavano in modo rilevante l'economia del paese.
I complessi di fabbricati e macchine idrauliche erano dislocati a sud-ovest e a sud-est del centro abitato, in zona denominata SOS MÒLINOS e S'AU 'E SU SALIGHE.
Grazie alla forza motrice fornita dai torrenti perenni che scendevano dal Montiferru, si sviluppò quella singolare attività preindustriale che caratterizzò il paese specialmente tra la fine dell'Ottocento e gl'inizi del Novecento.
Si è affermato che i numerosi mulini e gualchiere che sor­sero nelle zone indicate hanno costituito "una straordina­ria infrastruttura, un vero museo di archeologia paleo­industriale della Sardegna" (3).

mulino bI mulini erano tutti di modeste dimensioni, così come le loro capacità produttive. Il meccanismo, che veniva azionato da piccole masse d'acqua, era a ruota orizzontale, capace di macinare modeste quantità di grano sufficienti a soddisfare unica­mente le limitate esigenze delle singole famiglie lussurgesi (4) e dei paesi vicini.
Non essendoci, perciò, alcuna produzione commerciale di farina, si può affermare, e così è stato confermato dalle testimonianze, che il mestiere del mugnaio, anche se costituiva la principale fonte di reddito, era un lavoro poco redditizio; considerato inoltre che, per consuetudi­ne, il lavoro veniva retribuito in merce e raramente in moneta.

La gualchiera, macchina idraulica a ruota verticale, follava a mezzo di magli l'orbace, panno di grossa lana di peco­ra, che serviva per confezionare mantelle, coperte e vesti­ti nonché le uniformi fasciste (5).
Sempre nel dizionario dell'Angius-Casalis si legge che "nei fiumi di Santulussurgiu, nei quali si ha un tal volume da mettere in moto gli ordigni, è delle medesime un gran numero. Vi si lavora sempre, perché anche dai villaggi dei vicini dipartimenti si portano a sodarle molte pezze di forese(6).
Se la lavorazione dell'orbace rispondeva, quindi, a com­messe che andavano ben oltre le richieste locali (7), non sorprende, apprendere che "l'industria" della lavorazione dell'orbace era sufficientemente prospera da essere con­siderata fonte di guadagno; poiché il lavoro era remunerato con moneta e raramente in natura. Tuttavia dalle noti­zie forniteci, si evince che in tempi più recenti il guada­gno non fosse così elevato, poiché il reddito di cui il gual­chieraio disponeva era sufficiente al solo sostentamento familiare.
Purtroppo, non abbiamo avuto l'opportunità e la fortuna di rintracciare i libri contabili delle attività oggetto della nostra ricerca.
Non bisogna dimenticare infatti che, solo durante il periodo fascista, i mugnai, nulla si sa dei gualchierai, erano obbligati alla tenuta dei registri contabili dai quali risultas­se la quantità del grano che veniva macinato.
Solo le testimonianze ci hanno consentito, come si vedrà, di farci un'idea di quelle che potevano essere le entrate e le spese del gualchieraio e del mugnaio; di conoscere la qualità e la quantità del prodotto lavorato; nonché le fasi e i periodi delle operazioni.
Oltre le spese per la vendita e la riparazione delle macchine e per la manutenzione degli edifici, che seppur minime incidevano comunque sul bilancio familiare, il gualchieraio e il mugnaio erano tenuti a pagare all'erario la tassa annuale governativa sull'uso dell'acqua, quale bene del demanio, il cui ammontare è andato aumentando con il passare degli anni.
Il mulino come la gualchiera erano proprietà di persone che esercitavano il solo mestiere del mugnaio e del gualchieraio: pochi erano quelli dati in affitto. Quando questo accadeva, il contratto di affitto tra il proprietario e l'affittuario, che veniva stipulato oralmente o per scrittura pri­vata, comportava per l'affittuario l'obbligo di corrispondere il canone stabilito che, generalmente per il gualchieraio avveniva in denaro e per il mugnaio in natura (grano in luogo di denaro).
Si apprende da fonti storiche, che il numero dei mulini negli anni considerati si aggirava intorno alla cinquantina e il numero delle gualchiere venticinque (8).
Questo fu certamente dovuto a un insieme di fattori sociali e ambientali: come si è già detto, in questa direzione spingevano sia il bisogno della famiglia di procurarsi la farina per la provvista familiare, sia il considerevole aumento della popolazione nel periodo considerato, ma l'attività molitoria e follatoria fu soprattutto favorita dalla presenza dei vari ruscelli, che determinarono la scelta dei siti.
Nell'immediato dopoguerra l'attività molitoria nell'agro lussurgese, come nelle altre zone della Sardegna, viene a trovarsi in una situazione di completo declino che non doveva più fermarsi fino agli "anni 70".
Si verifica ormai l'avvento di "industrie molinologiche" capaci di produrre farina in quantità superiore a quella dei mulini, sottraendo così, tutto il settore di trasformazione dei cereali all'ambito locale e familiare. Ciò determinò la definitiva scomparsa dei mulini ad acqua.
In quegli anni, quasi contemporaneamente al venir meno dei mulini, scompaiono anche le ultime gualchiere; la loro capacità produttiva si trova in difficoltà di fronte ai nuovi mezzi di produzione tessile.
L'orbace, impiegato anche per confezionare vestiti, venne sostituito da stoffe più raffinate.
Con il definitivo abbandono dei mulini e delle gualchiere ebbe inizio il progressivo deterioramento degli edifici, di cui attualmente, nelle zone sopra indicate e ormai inselvatichite, non ne rimangono che i ruderi.
Tuttavia, naturalmente inoperanti, nella zona si trovano due mulini ancora in buone condizioni, tant'è vero che è possibile farli funzionare ed assistere alla macinazione del grano.
Altrettanto non può dirsi dell'unica gualchiera esistente, situata nella zona "S'AU E S'ALIGHE", che a causa delle continue ruberie dei pezzi che la compongono, si trova in precarie condizioni.
La gualchiera e un mulino, anch'esso in rovina, sono stati acquistati dal Comune di Santulussurgiu con l'intento di riattivarli e riportarli all'originaria funzione, naturalmente ai soli fini culturali e antropologici. Inoltre un mulino idraulico e una gualchiera sono conservati nel Museo della Tecnologia Contadina di Santulussurgiu che, sorto nel 1976 è l'unico che dispone di numerosi strumenti di lavoro e oggetti di uso quotidiano del passato contadino e artigiano lussurgese.

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* In: COMUNE DI SANTU LUSSURGIU, Il Mulino e la Gualchiera. I mezzi tecnici e le attività operative del passato., Ediz. Scuola Sarda, Cagliari 1995

(1) Presumibilmente il paese si è formato attorno alla chiesetta campestre di San Lussorio, e appartenne prima al Giudicato di Torres e poi di Arborea.
(2) Cfr. Angius - Casalis, Dizionario Geografico Storico Statistico Commerciale degli Stati di S.M. il re di Sardegna, vol. Il pp. 395-397, Torino 1839.
(3) Cfr. Sanna - Angioni, in L'archittetura popolare in Italia, pp. 110-111, Roma - Bari, Laterza 1988.
(4) la cui consistenza demografica era nel 1871 di 4.564 ab.; nel 1901 5.047 ab.
(5) Nel periodo fascista il tessuto delle divise era in "orbace sardo" nome riservato al solo tessu­to prodotto in Sardegna per differenziarlo da quello (meno pregiato) prodotto dall'industria tessi­le continentale.
Al fine di aumentare la produzione e la quantità vennero utilizzate nella fabbricazione del panno di orbace macchine azionate dall'elettricità al posto della medievale "gualchiera", soggetta al regime di magra dei torrenti. Cfr. Vincenzo Catte, L'orbace Sardo.
(6) V. Angius - Casalis, op. cit. pag. 210 vol. I; La lana delle pecore si lavorava tutta nel paese, e non bastando per i lavori se ne introduce altra e non poca dai paesi vicini, Ibid. p.. 400, vol. II.
(7) ... Si dice che questo villaggio fornisca annualmente più di 1.500 pezze di albagio, ch'è il più apprezzato in tutta l'isola, e del quale gli abitanti del luogo fanno un commercio molto attivo. Cfr. A. La Marmora, Op. cit., p. 361.
(8) Cfr. Angius; Angioni - Sanna, Op. cit.

disegno gualchieraIl progetto “Genius Loci” ha come obiettivo generale la salvaguardia, il consolidamento e la custodia partecipata del patrimonio culturale immateriale che costituisce “bene comune” attraverso Azioni di recupero e di adozione, da parte della Comunità, di spazi e strutture legate in passato, ed ancora parzialmente in uso nell'oggi, le quali, nel loro complesso, attenevano e attengono allo sviluppo delle economie locali di tradizione grazie all'utilizzo dell'acqua.


vista frontaleL'acqua, risorsa indispensabile alla vita sulla terra, costituisce e infatti bene primario e risorsa naturale preminente e caratterizzante la Comunità dei paesi del Montiferru con particolare riguardo a quella dell'abitato di Santu Lussurgiu. Con questo obiettivo il progetto ha lo scopo di porre in reciproca connessione l'azione di recupero del bene comune materiale e immateriale con l'azione complessivamente volta alla sensibilizzazione a favore della conoscenza del bene comune naturale e pone come risultato
l'incremento di persone consapevoli della responsabilità sociale verso ciò che ci circonda e dell'ambiente di cui facciamo parte.


mulinoNello specifico il progetto si propone di recuperare e di adottare: N. 4 aree naturali unitamente alle loro storiche e/o significative pertinenze, ubicate nell'agro limitrofo all'abitato di Santu Lussurgiu. I 4 spazi nell'agro con le loro pertinenze interessano la zona del rio “ Bau Pirastu” Foglio 65 mappale 52 e limitrofi, sul versante est del territorio comunale e la zona del rio “Sos Molinos”, foglio 71 mappale 187, sul versante ovest del territorio comunale del paese e si collocano, da una parte, nei preminenti tracciati in passato densamente occupati dalle macchine idrauliche impiegate per l'utilizzo dell'energia dell'acqua per la molitura dei cereali e per la follatura dell'orbace, economie locali di tradizione, dall'altra parte, in prossimità delle vicine strade provinciali e di penetrazione agraria percorse, in data odierna, dagli allevatori, ugualmente portatori di specifiche economie locali di tradizione.

vista laterale mulinoDue dei suddetti spazi sono stati pertanto prescelti proprio a motivo della presenza di “mulino” e “gualchiera”, testimonianze in concreto, di uno degli aspetti più significativi e peculiari del patrimonio naturale del Montiferru, tale è l'acqua sorgiva, e, nel contempo, del suo patrimonio culturale immateriale, tale è la memoria del suo impiego.

Gli altri due spazi sono stati invece prescelti in quanto entrambi sede di istallazioni cementizie atte a fornire l'acqua, le cosiddette “prese d'acqua”, poste a servizio degli allevatori che non dispongono di acqua nelle loro aziende e dunque da loro frequentati e divenuti per necessaria consuetudine luogo di incontro e scambio di esperienze.

disegno edificio mulino proN.1 spazio ubicato in un significativo, e frequentato, contesto del centro storico di Santu Lussurgiu, costituito da un'area verde in piano, prospiciente l'Istituto comprensivo di Santu Lussurgiu e contigua al cortile di pertinenza della Chiesa di Santa Maria degli Angeli (sec.XV). 

disegno edificio gualchiera prospsudA partire dalla Analisi del Contesto la realizzazione del progetto “Genius Loci” si articola in tre Fasi che, seppure attinenti ad Azioni da svolgersi con procedure specifiche e con tempistiche diverse, in considerazione del già citato obiettivo generale ( la salvaguardia, il consolidamento e la custodia partecipata del patrimonio culturale immateriale che costituisce “bene comune” ) sono da considerarsi invece per metodologia di svolgimento al di fuori di una successione temporale.